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Le rinnovabili danno lavoro a oltre 8 milioni di persone

Nel 2015 oltre otto milioni di persone erano occupate nel settore mondiale delle rinnovabili, escluso il grande idroelettrico che conta invece circa 1,3 milioni di addetti diretti. Rispetto all’anno precedente l’incremento è stato del 5%. Sono questi i dati salienti contenuti nell’ultimo Renewable Energy and Jobs – Annual Review realizzato dall’Irena, l’agenzia internazionale per le fonti pulite. A permettere questo balzo in avanti (nel 2013 eravamo a quota 6,5 milioni e nel 2014 a 7,7) è stato in particolare lo sviluppo del settore eolico e fotovoltaico negli Stati Uniti dove si trovano oltre 769.000 posti di lavoro del comparto rinnovabili. Una cifra che giganteggia a confronto con i 187.000 addetti di petrolio e gas e i 68.000 del carbone. Rispetto alla media mondiale l’incremento annuo di occupati nelle fonti verdi negli Usa è stato di un tondo 20%, mentre il settore delle fossili ha registrato una contrazione del 18%. Numeri che forse avrebbero fatto bene a conoscere i sostenitori dell’astensione al referendum sulle trivelle in nome della difesa dei posti di lavoro.

Il taglio di sussidi e incentivi in molti paesi, sottolinea il rapporto, ha prodotto tra 2013 e 2014 un rallentamento della crescita, anche se il numero complessivo di impiegati è in aumento, dato in netta controtendenza con tutti gli altri settori energetici dell’economia. Gli Stati con il maggior numero di posti nelle rinnovabili sono Cina, Brasile, Usa, India, Giappone e Germania.

Passando dalle nazioni alle diverse tecnologie, a farla da padrone è il fotovoltaico con 2,8 milioni di addetti (+11%), in crescita soprattutto in Giappone e Stati Uniti, anche se il grosso dei posti di lavoro è concentrato in Cina (60% del totale). In calo invece il numero di occupati nell’Unione Europea che – tra riduzione degli incentivi e recessione economica – sembra ormai aver definitivamente abdicato il suo ruolo guida nella rivoluzione energetica. Con il paradossale risultato, segnalato da Irena, che al momento il più importante mercato del fotovoltaico all’interno dell’Ue è quello britannico, diventato anche il secondo mercato del lavoro nel settore solare con 35mila addetti. Successi che, avverte il dossier, sembrano destinati ad essere però di breve durata in attesa che si facciano sentire gli effetti dei tagli ai sussidi stabiliti dal governo di Londra. Secondo le stime dell’agenzia (che cita però documenti dello stesso governo britannico) il loro impatto si tradurrà in una perdita di un numero di addetti compreso tra i 4.500 e gli 8.700.

Al secondo posto per quantità di addetti dopo il solare vengono i biocarburanti liquidi, con 1,7 milioni di occupati (-6%) concentrati soprattutto in Brasile e Usa. In questo settore da registrare il crollo, sulla scia delle preoccupazioni per la sua scarsa sostenibilità, del biodiesel ricavato da olio da palma (-50%). A seguire viene quindi l’eolico, con 1,1 milioni di lavoratori (+5%).

Altra curiosità che emerge dal dossier dell’Irena è la maggiore percentuale di impiego femminile nelle rinnovabili (35% circa) in confronto con i settori dell’energia tradizionale settore (20-25%), inferiore però a quello dell’occupazione femminile in genere (tra il 40 e il 50% di media nei paesi Ocse).

FONTE: LA REPUBBLICA


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