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Tutti i vantaggi dell’economia circolare: ambientali, sociali ed anche economici

L’Iswa, l’Associazione internazionale rifiuti solidi, nel bel mezzo del suo congresso annuale ci ricorda i pericoli derivante da un mondo dove ancora le discariche a cielo aperto dettano legge, ospitando il 40% dei rifiuti prodotti dall’uomo. La necessità di chiuderle e di offrire una gestione alternativa e sostenibile al problema è sempre più urgente. Dove guardare? All’estremo opposto di quella che l’Iswa definisce ormai «un’emergenza sanitaria globale» c’è l’economia circolare, ovvero quel modello di produzione e consumo in grado di “ristorare”, ovvero mantenere nel tempo il valore e l’utilità dei prodotti, dei loro componenti e dei loro materiali.

I vantaggi dell’economia circolare, contrapposti ai problemi derivanti dall’attuale modello “lineare” – estrazione risorse-produzione-consumo-rifiuto – sono numerosi e robusti. A ricordarne i capisaldi c’ha pensato l’Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, analizzando un recente rapporto redatto dall’Eea (Agenzia europea dell’ambiente), Circular economy in Europe – Developing the knowledge base.

Passando all’economia circolare i guadagni sarebbero sotto tutti i profili: ambientale, sociale ed anche economico. Tramite un modello circolare, sottolineano infatti dall’Arpat, si minimizza il bisogno di nuove richieste di materiali vergini ed energia e, al contempo, si riducono le pressioni ambientali legate all’estrazione di risorse, alle emissioni in atmosfera ed alla produzione di rifiuti.

Uno dei problemi che si trova ad affrontare oggi l’Europa – e l’Italia in particolare – è quello di reperire in modo sicuro le risorse e ridurre la sua dipendenza dall’importazione di materie prime. In questo senso, l’economia circolare potrebbe incrementare il consumo efficiente delle risorse. Un’economia circolare permette di ridurre la domanda di materie prime e la dipendenza dall’importazione delle stesse, rendendo l’approvvigionamento, per alcuni settori industriali, meno soggetto alla volatilità dei prezzi dei mercati internazionali delle materie prime e all’incertezza della fornitura dovuta alla scarsità della risorsa  e/o a fattori geo-politici. Si stima così che circa il 6-12% di tutti i consumi di materie prime, compreso il combustibile fossile, potrebbe essere evitato con il riciclaggio, le politiche di prevenzione dei rifiuti e quelle di eco-design, ma si potrebbero raggiungere anche percentuali maggiori (10-17 %). Minori materie prime estratte – a livello globale si parla di oltre 70 miliardi di tonnellate l’anno –, va da sé, comporta poi il non trascurabile vantaggio di ridurre i correlati (e pesantissimi) impatti ambientali e climatici: si è stimato, per esempio, che solo in alcuni settori, come l’alimentare, la ristorazione ed i servizi di ospitalità, le misure di efficientamento delle risorse potrebbero evitare intorno a 100-200 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica equivalenti ogni anno.

Riducendo la necessità di materie prime, che l’Europa non dispone in quantità necessaria, si limano in modo sensibile anche i costi industriali. Implementare l’approccio dell’economia circolare nella manifattura di beni durevoli di media vita – sottolinea l’Arpat – si stima possa portare a risparmio che va dai 340 ai 630 bilioni per anno nella sola Ue, circa il 12-23% degli attuali costi sostenuti per i materiali di produzione in questi settori. Per alcuni beni di consumo, come cibo, bevande, tessile e packaging, il potenziale di risparmio per il materiale è addirittura stimato in 700 bilioni per anno. Un altro studio, invece, stima i benefici derivanti dalla riduzione dei costi legati alla produzione/smaltimento dei rifiuti, prevedendo risparmi annuali che vanno da 245 miliardi di euro a 604 miliardi di euro.

Concretamente, percorrere le strade dell’economia circolare significa chiudere alcune linee di produzione e/o di servizi ed aprirne altre. Il saldo rimane però positivo: secondo la valutazione della Commissione europea, nel solo settore della gestione dei rifiuti – chiosa l’Agenzia – si potrebbe arrivare perfino alla creazione di 178 000 nuovi posti di lavoro diretti entro il 2030.

Lo sviluppo di catene completamente circolari, naturalmente potrebbe avere un potenziale anche significativamente più grande.

FONTE: GREENREPORT


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